Un pittore compone l’immagine, scriveva Stephen Shore, mentre un fotografo, più propriamente, la risolve.
Nel lavoro di Massimiliano Zaffino le due esperienze fanno aderire i loro confini, pur mantenendo la propria autonomia linguistica, che si tratti di montaggi fotografici o della loro riproduzione pittorica. Familiare e inverosimile sono il leitmotiv di tutto il lavoro di questo artista, che pur nell’esplorazione delle possibilità del fotomontaggio è lontano dagli automatismi onirici e provocatori delle avanguardie, e nel farne pittura non si lascia soffocare dall’ossessione iperrealista.
In un panorama contemporaneo in cui la prerogativa dell’arte di non stabilire certezze ha preso sempre di più una piega asettica e alienata, la peculiarità di Zaffino sta proprio nel porre l’accento non sullo straniamento del dubbio ma sul romanticismo della possibilità.
Le relazioni che sostengono le immagini sono raffinate e leggere, il trucco c’è e qualche volta si mostra chiaramente, come traccia metalinguistica che ha una doppia funzione: aprire uno spiraglio su una fase precedente del lavoro, per dirci anche, allo stesso tempo, che non c’è niente da capire, quanto da seguire. Si tratta di abbandonarsi nel ripercorrere le orme di un processo immaginativo che, anche se infine si presenta pianamente pittorico, si compone originalmente in forma di collage di fotografie operato, chirurgicamente, dallo stesso artista.
Il lavoro di Zaffino non rapisce rendendosi impenetrabile ma accogliendo lo sguardo e immettendolo su traiettorie inedite e intuitive, in cui l’immagine non è ma diviene continuamente nel susseguirsi di nuove corrispondenze, impossibili e perfette. In effetti, convalidare il realismo di un’immagine è un processo mentale, come lo è la visione stessa, che non procede per scansioni onnicomprensive ma sfuma progressivamente i confini tra un dettaglio interessante e l’altro.
Così l’atto artistico di Zaffino sembra volerci riportare a questa terra di mezzo, che è il paesaggio dell’immaginazione e della soggettività, che sono processi gentili: ecco quindi che dove ad un paesaggio non corrisponde il suo riflesso nel lago e una veranda si interseca in una pineta che si affaccia su un golfo marino in cui l’acqua sembra scoprire un tunnel in pietra, anche se il trucco non è celato, noi non lo cerchiamo, perché non è quello il punto.
Incredibili come le figure che si scolpiscono nelle nuvole, e così compiacenti, le composizioni pittoriche di Zaffino si lasciano esplorare, arrivano con la leggerezza dei toni, e con leggerezza impongono le proprie leggi fisiche. Perchè l’accidentalità e il caos sono cose del mondo materiale: nel mondo psichico tutto viene curvato a qualche spiegazione, che ha ragioni profonde, individuali e collettive.
Giulia Ferrando